La casa dell’alchimista, di Gustav Meyrink

Tradotto per Edizioni Theoria nel 2022, La casa dell’alchimista è un romanzo incompleto di Gustav Meyrink.

L’introduzione:

Nell’autunno del 1926, lo scrittore ed esoterista austriaco Gustav Meyrink parlò al suo editore di due romanzi su cui stava lavorando e che prevedeva di completare nell’anno successivo. Uno era L’angelo della finestra d’Occidente, effettivamente pubblicato nel 1927, mentre l’altro, con molta probabilità, era La casa dell’alchimista, romanzo mai completato e pubblicato postumo come frammento nel 1973.
I tre capitoli di La casa dell’alchimista sono integrati da una presentazione dell’intero romanzo, scritta dallo stesso autore.
Il romanzo parla di una casa antica che esercita una profonda influenza sull’anima di chi vi abita o di chi la frequenta. L’edificio è centrale all’intera narrazione. È ambientato nel presente, in una città tedesca di cui non si menziona il nome. Come scrive l’autore stesso, tale scelta è tesa a evitare che possano crearsi nel lettore delle impressioni troppo particolari. Si capisce che la città è tedesca soltanto dal nome delle strade e da qualche cenno secondario.
I personaggi sono intensi e, a mano a mano che la storia procede, diverse trame secondarie si affiancano alla principale. Ciascuno dei personaggi porta con sé aspetti e problematiche di una varietà così grande
che è evidente come nelle intenzioni dell’autore questo romanzo avrebbe dovuto costituire una sintesi di tutto il suo operato letterario ed esoterico.
In poche parole, è quasi come se questo testo denso e misterioso (il senso del mistero è ulteriormente intensificato dal fatto che l’opera è rimasta incompleta) avrebbe dovuto costituire un percorso iniziatico
per il lettore.
Seguendo la storia del dottor Ismael Steen, il protagonista principale, assistiamo alla trasformazione dell’essere umano, elevato dalla completa abiezione morale verso una più grande illuminazione attraverso
una coscienza risvegliata. Infatti, come indicato negli appunti dell’autore, il romanzo avrebbe dovuto concludersi con la frase: «È meglio bruciare con una coscienza in fiamme, ma restare in vita, che
portare dentro di sé una coscienza morta, come un cadavere».
La coscienza del protagonista si spegne durante la sua infanzia, portandolo a commettere ogni genere di nefandezza. Cadendo sempre più nell’abisso degli abusi e della manipolazione del prossimo, il dottor Steen concepisce un piano per soggiogare il mondo intero mediante l’uso di un film cinematografico (in questo costituisce una sorta di premonizione estremamente attuale), ma quando è sul punto di portarlo a compimento la coscienza si sveglia dentro di lui, senza alcun preavviso, trasformando il ricco e potente malvagio in un essere muto e inerme che, sul momento, viene creduto morto.
In La casa dell’alchimista, Meyrink adotta un linguaggio elevato (ma non ricercato o troppo adorno) che, però, ricade frequentemente nel parlato, soprattutto nei monologhi interiori dei vari personaggi,
quasi dei veri e propri flussi di coscienza.
Questo romanzo, per quanto sia incompiuto, possiede una potenza enorme, che cattura e incanta il lettore con le sue atmosfere esoteriche, gotiche e fantastiche, e non può che dispiacere che la morte dell’autore ci abbia consegnato in questa forma quello che sarebbe senz’altro stato il suo capolavoro definitivo.

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